martedì 23 settembre 2008

VITA

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Ti ricordi quando mi hai chiesto se avevo le pastiglie per la felicità? La pastiglia è la vita. Vivi, buttati, apriti, ascoltati. Le tua paure, le tue ansie sono dovute al fatto che tu esisti ma non vivi. Sei castrato nei sentimenti. Sei bloccato. Ti ricordi quella frase di Oscar Wilde? Diceva che vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, e nulla più.

Laura, è ora di iniziare a vivere. Di nuovo. E questa volta sul serio.

mercoledì 10 settembre 2008

I NAUFRAGHI

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Ieri mi recai al fiume, qua vicino a casa mia.
Un incontro speciale ad allietare la mia giornata: un padre e con suo figlio di appena due anni. Una situazione un po' insolita, di quelle che uno si immagina leggendo un libro dove i protagonisti sono degli individui che vivono su di un'isola deserta. Il padre era un tipo alquanto estroso, capelli rasta lunghi fino a metà schiena e una barba altrettanto lunga, solo gli occhi risaltavano dal suo volto segnato da 35-40 anni di emozioni. Il bambino, che scoprii chiamarsi Elia, era un amore di bambino: capelli finissimi biondi biondi, dritti dritti come spaghetti, tagliati "a scodella" e due occhioni castani ad illuminargli quel visino vivacissimo.
Il padre inizia prima a spogliare lui stesso rimanendo in mutande e successivamente spoglia anche Elia, facendolo rimanere nudo e diventare così un tutt'uno con la natura che li circondava. Mi colpii subito una cosa: al posto dei classici pannolini il bimbo indossava un "ciripà", sapete cos'è? E' un pannolino "riutilizzabile" che si usava più o meno 25 anni fa quando i lines ancora non esistevano, fatto solamente di stoffa e lacci. Il padre lo lavò accuratamente e lo mise ad asciugare al sole. Fantastico.
Non riuscivo a distrarre i miei occhi da quell'immagine piena di amore e di stranezze. Vedere il padre fare il bagno (in acqua gelidissima di fiume proveniente da un ghiacciaio, vi dico solo questo!), vedere Elia che prendeva confidenza con quell'acqua ghiacciata e vederli insieme giocare la sabbia e lanciare i sassi nella pozza... Era tutto era così naturalmente commovente. Mi immaginai una storia d'avventura e un po' fantastica dietro questa scena, stile "Into the wild" (adoro fantasticare), in realtà era solamente un padre separato che viveva questi attimi col figlio come i più intensi e preziosi della sua vita. Lo scoprii quando ebbi il coraggio di andare a fare amicizia con Elia. E successivamente parlando col padre del più e del meno, lui mi raccontò la sua storia e io la mia. Inizialmente lo credetti un viaggiatore esperto, speravo mi raccontasse del suo ultimo viaggio più intraprendente... Invece una punta di delusione quando mi disse che non aveva mai viaggiato, anche se gli sarebbe piaciuto. Una storia normale, come tante altre, ma l'essenza vitale che contraddistingueva quel legame tra padre e figlio raramente l'ho vista altrove, questo è sicuro.
"Buona fortuna, sono sicuro riuscirai a trovare la tua strada". Queste le sue parole quando ci salutammo. Parole banali, ma dette da lui, in quel momento, per me sono state molto significative.

sabato 6 settembre 2008

IL FILM

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Tutti vi aspetterete di leggere una mail piena di entusiasmo e di gioia, nella quale magari vi racconto com'è andato il mio viaggio, le mie prime impressioni sulla tanto sognata SF, quali sono le prime persone che ho incontrato...
E invece no. Purtroppo niente di tutto questo. Vi posso solo dire che vi scrivo questa mail da casa mia, da Crodo, in Piemonte, in Italia. E vi posso solo raccontare come ho passato gli scorsi tre giorni che spero presto di dimenticare. Non preoccupatevi, sto bene, solo un po' incredula e assonnata e sconvolta per avere fatto in tre giorni andata e ritorno dall'America. Sono arrivata a casa ieri sera, distrutta fisicamente per non aver mangiato nè dormito per due giorni e mentalmente confusa, triste, con le mani vuote, con un sogno che mi è stato rubato troppo in fretta e troppo ingiustamente.
Spero un giorno di poterne parlare in modo più rilassato, magari riderci sopra. Quando riuscirò a sdrammatizzare. Lo so, non è la fine del mondo, c'è di peggio ne sono cosciente, ma tutti voi (ed alcuni in particolar modo) sapevate cosa significava per me questo viaggio.
Sono arrivata alle 14 ora locale di mercoledì 3 settembre a SF. Dopo le varie 'pratiche', mi ritrovo all'ufficio sicurezza immigrazione. Una sala d'aspetto con tante persone che attendono il loro turno per avere l'OK diciamo, per poter uscire dall'aeroporto. Controllano il mio visto e cominciano a farmi domande su quanto intendo stare negli US e sulla motivazione. Sarà stato il mio inglese non troppo perfetto a destare sospetto o la mia insicurezza nel rispondere ad alcune loro domande. In primis, mi spiazzano chiedendomi se avevo con me il certificato della mia laurea (dopo che gli avevo detto che ero laureata. Ma vi pare che porto in America la mia pergamena? Bò...) e dicendomi che i soldi che avevo sul conto corrente non sono abbastanza per vivere 6 mesi in America. Rispondo dicendo che l'intenzione è quella di stare da dei parenti in SF e che quindi non dovrei pagare alloggio o cose di questo tipo e che in ogni caso i miei genitori sarebbero disponibili ad aiutarmi economicamente. Seguono le domande sui miei parenti americani: di che grado? quanti anni? data di nascita? lavoro? ecc. Rispondo ad alcune con un po' di insicurezza (non ero informata sulla data di nascita di mia cugina e quando rispondo "teacher" alla domanda sull'impiego lavorativo, mi chiedono insegnante di che cosa. Aimè, non lo sapevo). Chiamatemi sprovveduta o ingenua o quello che volete, ma sinceramente non pensavo mi facessero domande così nel dettaglio. Avevo anche una lettera scritta da mia cugina in cui dichiarava il legame di parentela e il fatto che avrei soggiornato da lei, ma la lettera era nella valigia che avevo imbarcato. E in tutto questo mi sono dimenticata di dirvi che la mia valigia è lost. Non era mai stata imbarcata sul volo London - SF e quindi probabilmente era rimasta a Londra. Se non è sfiga questa non so come chiamarla.
A questo punto, mi fanno sedere. Dopo un po' mi chiamano, e rimango a dir poco sbalordita quando mi presentano sotto gli occhi alcune delle e-mail che io e la mia parente americana ci eravamo scritte nei mesi scorsi. Vi giuro, ho pensato subito che non era tecnicamente possibile. Come fanno ad averle? Non lo so ancora adesso. Pensavo che certe cose succedessero solo nei film, ma l'America è un film, forse è proprio tutto esattamente come in un film. In alcune e-mail vi era uno scambio di dialogo tra me e mia cugina in cui si parlava della possibilità di trovare eventualmente un lavoretto under the table (in nero) come baby-sitter o come cameriera per riuscire a mantenermi il soggiorno e non gravare completamente sul mio conto corrente, sui miei genitori o sui miei parenti americani in termini di accomodation. Con il visto che avevo, turistico, sapevo benissimo che non potevo lavorare. Ma chi non lo fa? Chi non ha mai lavorato in nero per guadagnarsi qualcosa per vivere? Sarò stata troppo ingenua, non lo so, ditemelo voi, ma vi giuro non pensavo ad un interrogatorio simile. E non sapevo di certo che avrebbero trovato le mie mail. Dov'è la privacy? Esiste ancora? O siamo solo delle macchine, dei numeri e controllano anche quante volte andiamo al bagno in un giorno??????
A tutto ciò sono seguite mille pratiche, mi sembrava di vivere in un film vi giuro: impronte digitali di tutte le dieci dita, foto come si vede proprio nei film (con lo sfondo bianco e le righe nere orizzontali come i carcerati), dichiarazione sotto giuramento di tutto quello che era successo, altrimenti era reato federale. Hanno fatto pure delle fotocopie di alcune pagine della mia agendina personale, dopo aver messo sottosopra la mia borsa. Mi hanno impedito di fare una telefonata una ai miei genitori o a mia cugina, di tenere il telefono cellulare con me, di vedere mia cugina che era venuta a prendermi all'aeroporto e ho saputo dopo essere stata lì fuori ad aspettarmi fino alle 20 di sera. Peggio di un mostro, mi sono chiesta "Ma che cazzo ho fatto? Manco avessi ucciso qualcuno!". Non avevo parole, pensieri, niente. Solo le lacrime mi tenevano compagnia.
Dalle 14 di pomeriggio tutta la pratica è finita verso le 23.30. Con la conclusione che non avevo il permesso di entrare negli US, visto negato, e con un volo di ritorno prenotato per le 16.30 del giorno dopo. Neanche un mi dispiace o un come stai. Niente. Pensavo che almeno per la notte avrei potuto soggiornare in una camera d'albergo o andare dai miei parenti. Pensavo. Sono rimasta lì nella sala d'aspetto tutta la notte e tutta la mattina, quando finalmente ho potuto almeno parlare al telefono con i miei parenti americani (con davanti l'omino che mi diceva quanti minuti ancora mi rimanevano a disposizione per parlare). Ho detto se potevo telefonare a mia mamma, mi hanno risposto "dopo". Ma quel dopo devo ancora vederlo. Finalmente arrivano le 16 di pomeriggio e mi imbarcano sul volo per Londra.
Mille pratiche e telefonate anche per trovare la mia valigia che era stata persa. A SF mi dicono che l'avrei ritirata a Londra. A Londra non ne sanno nulla, ho fatto la denuncia e l'aspetto ancora ora. Dovrebbe arrivare nei prossimi giorni, spero. O magari me l'hanno sequestrata di nascosto per controllare se avevo qualche pezzo di uomo in un sacchetto di plastica o qualche chilo di cocaina (volevo sdrammatizzare un po'...)!
Arrivo a casa ieri sera alle 20, dopo che il volo London - Milan aveva fatto pure ritardo.
Distrutta. Forse questa è la parola che racchiude un po' tutto il mio stato, sia fisico che mentale. Distrutta fisicamente, dalle 24 ore di volo totali in poco meno di tre giorni e dalle ore che sono stata seduta senza chiudere praticamente occhio. Distrutta perchè avevo costruito questo progetto con tanta dedizione, nel minimo dettaglio e con tanti sacrifici (alcuni di voi lo sanno bene), due lavori a Milano per guadagnare un po' di più e mettere da parte i soldi, "ma no Laura, non comprare quel jeans che costa troppo", "risparmia, risparmia", mi sono licenziata dal lavoro per vivere quest'esperienza, tutto per uno scopo, per un obiettivo, per un sogno che è durato mesi e mesi per poi essere distrutto in meno di un giorno. Che cazzo di senso ha? Ditemelo voi, perchè io penso che non sia giusto, certo facevo qualcosa di sbagliato cercando di lavorare in nero, su questo hanno ragione. Ma cosa c'è di giusto a questo mondo? E' giusto che controllino e leggano le tue e-mail private? E' giusto che mi proibiscano di chiamare mia mamma che non ha dormito tutta la notte sapendo quello che mi stava succedendo (dato che è stata avvisata da mia cugina americana)? E' giusto che facciano delle fotocopie della mia agenda privata? A me non sembra giusto. A me non sembra giusto un cazzo. Che senso ha fare dei progetti, se poi c'è subito pronto qualcuno a distruggerteli?
Non so dirvi come mi senta, stanotte ho dormito tanto, mi sono riposata, ma certo il mio umore non è dei migliori. Una sola domanda: cosa faccio ora? Sono confusa, molto. Non ho voglia di pensare a niente in questo momento. Non mi piace fare la vittima, non voglio essere compatita o cose del genere. Supererò anche questo, come ho sempre superato tutto il resto. E poi so che c'è di peggio, molto di peggio. E' che ogni volta che ho qualcosa tra le mani qualcuno me lo porta via, non è la prima volta.
Aver vissuto anche questa brutta avventura mi aiuterà, voglio cercare il lato positivo, e lo trovo ne sono sicura. Sono fatalista come molti sanno, quindi doveva andare esattamente così, il perchè spero di scoprirlo a breve. Come spero di tornare a breve la Laura che tutti conoscete.

martedì 2 settembre 2008

PRIMA DI PARTIRE PER UN LUNGO VIAGGIO DEVI PORTARE CON TE LA VOGLIA DI NON TORNARE PIU'

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Domani è il grande giorno!
Bene, ci siamo quasi... Avrò preso tutto?
I dieci pilastri da non dimenticare assolutamente:
1- la fedina con inciso il nome di mia sorella
2- il sole di Enzo
3- il quarzo di Ile
4- la coccinella di Manu
5- la pallina da tennis di Andre
6- alcune foto, dei miei cuginetti adorabili Andrea, Maxim e Sara, e di Emanuele, la splendida creatura che illumina il mio sguardo ogni volta che lo guardo
7- i cd di Ciro e di Borgo
8- il moleskine e la scimmietta di Marce
9- il libro di Susanna e Giancarlo
10- il calendarietto cinese di Monika
Con questi valori affettivi potrei andare in capo al mondo, sono le cose che non potrò comprare altrove, il minimo indispensabile per sorridere nei momenti in cui sarò giù... Le mie medicine insomma!
A questi ingredienti aggiungiamo anche la voglia di evadere, il sorriso di mia mamma, la determinazione di mio papà e la benedizione dei miei nonnini che vegliano giorno e notte su di me. Un'ottima ricetta, dal sapore avventuriero e coraggioso. Perchè così dev'essere questa mia esperienza di vita.
San Francisco sto arrivando!!!!!