martedì 8 giugno 2010

PERCHE' HO SMESSO DI SCRIVERE?

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Qualcuno mi ha chiesto perchè ho smesso di scrivere... Me lo sono chiesto anch'io. In effetti sembra stupido smettere qualcosa che ti piace fare. Ora che avrei tutto il tempo per farlo non lo faccio, quando ero in Australia e non avevo tempo lo facevo, e spesso. Quasi paradossale.
Forse è perchè ho paura di dire quello che il mio cuore teme quotidianamente da ormai 6 mesi a questa parte. Il cuore è il centro di ogni pensiero puro e indefinito. Il mio cuore non è felice ora. Si trova ad affrontare la prova più difficile della propria vita. Oh povero cuore. Ed è un cuore che fatica a sperare e vorrebbe reagire a questo male che lo perseguita, un male che non perseguita lui direttamente ma che perseguita quello di suo padre. Si, in realtà è il cuore di mio padre che soffre e il mio soffre con lui.
Un sorriso, un bacio della buona notte fanno estremamente felice il mio povero cuore, ma come può essere felice fino in fondo se ha anche tanta paura? Ha paura, ho paura. E non riesco a scrivere, ecco. E' come se il mio cuore sta vivendo due vite, quella mia e quella di mio padre, non so decidere niente, non so vivere come ho sempre saputo fare. E' difficile, è fottutamente difficile. Ecco perchè forse ho smesso di scrivere.

martedì 8 dicembre 2009

PENSIERI DOPO UN ANNO LONTANI DA CASA

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E' trascorso quasi un mese dal mio rientro a casa. Un mese trascorso quasi interamente sul divano a causa di una brutta distorsione al piede sinistro. Troppo tempo per pensare e per annoiarmi.
Come sto? Mi sento come se non riuscissi a gestire il mio tempo. Mi sembra di sprecare il mio tempo, e questa sensazione non l'avvertivo da 365 giorni a questa parte, anche quando non avevo un lavoro o stavo ore sdraiata a Cable Beach fino al tramonto, così naturalmente, senza dover per forza "fare qualcosa". E questo mi fa incazzare. E ora ci sono ricaduta... Non so come è potuto succedere, forse è solo per colpa di questa distorsione che mi sta bloccando a casa o forse è colpa del sistema in cui siamo inglobati, che ci obbliga a correre, avere un lavoro, trovare una persona con cui "sistemarsi". Ma non è solo questo.
Mi sento cambiata. A volte non capisco i ragionamenti delle persone che mi stanno parlando e non capisco come un tempo mi sembravano normali. Non siamo più sulla stessa frequenza e anche se il bene che voglio loro è molto, il mio desiderio è solamente quello di evadere e trovare di nuovo la dimensione in cui ho vissuto per un anno. Nessuno capisce quello che è stato il mio viaggio e alcuni mi guardano addirittura di storto quando dico che ho raccolto cipolle in Australia. Oppure traggono la conclusione pratica del tutto dicendo "bè, almeno hai imparato bene l'inglese ora". Ma credo sia ben più di una semplice lingua ad avermi arricchito. Credo di avere imparato di più cosa vuol dire "rendere grazie alla vita" raccogliendo cipolle per 2 giorni in Queensland che una vita passata in Italia a studiare e lavorare. Ma non riesco a farmi capire. E questo un po' mi dispiace. E tutti sono così preoccupati a chiedermi "e adesso? cosa farai? progetti per il futuro?" anzichè chiedermi come stai o cos'è stata per te l'Australia. Anyway...
Presto credo di ripartire, probabilmente con la mia sorellina, e vi dirò che la cosa mi elettrizza parecchio. Nuovi posti da scoprire, nuove emozioni da vivere e un nuovo backpack da riempire di cultura. I can't wait!!
Chiudo il post con una frase di Sant'Agostino che racchiude un po' tutto quello che ho scritto finora:
Il mondo è un libro,
e chi non viaggia ne legge solo una pagina.

sabato 21 novembre 2009

IT'S TIME TO GO BACK...

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Gli ultimi due mesi in terra australiana trascorrono viaggiando e scoprendo altre nuove meraviglie di questa terra infinita.
Prenoto un tour da Broome a Darwin di 9 giorni lungo il parco nazionale del Kimberley, il più esteso di tutto il continente. Mi si presenta uno scenario del tutto differente: dimenticatevi l’oceano azzurro e infinito, dimenticatevi spiagge bianchissime e baie da cartolina. Di fronte a me una vegetazione tropicale, palme altissime e enormi foglie verdi mi circondano, cascate ed enormi pozze di acqua dolce, coccodrilli che si rilassano sulla riva del fiume, sorgenti di acqua calda e altri meravigliosi scherzi della natura che grazie a Dio da queste parti è rimasta incontaminata. 9 giorni dormendo per terra sotto le stelle, ringraziando la vita per regalarmi questi indimenticabili momenti.
Da Darwin prendo un volo per Brisbane. La temperatura nella capitale del Northern Territory è soffocante: è l’inizio della cosiddetta Wet Season (la stagione delle piogge), c’è un’umidità altissima e anche la sera la temperatura supera i 35 gradi centigradi. Se fa così caldo adesso non oso immaginare come sarà nel bel mezzo di questa stagione!
Arrivata a Brisbane decido di andare a visitare Fraser Island, la più grande isola di sabbia del mondo. Lo scenario è spettacolare, si guida direttamente sulla spiaggia con un oceano di un blu intenso che ti scorre a fianco. Dingo e balene fanno da contorno in questi 3 giorni di permanenza sull’isola. Una visitina ad un lago chiamato Mc Kenzie, con un acqua talmente limpida che fa invidia a quella dell’oceano: sembra tutto fuorchè un lago! Credo di aver visto poche volte un’acqua così cristallina.
Aimè il tempo stringe, è tempo di avvicinarsi verso Sydney, dove si chiuderà il cerchio.
On the way down, mi fermo a Yamba, un paesino poco più a sud di Byron Bay. Forse la mia coerenza non è al 100% in questo momento, ma decido di fermarmi in questo posto per passare un po’ di tempo con Alex, il ragazzo che avevo conosciuto nella pearl farm. Dopotutto ho passato con lui questi ultimi due mesi e mezzo, è la persona con cui ho stretto il rapporto più sincero e più vero in tutto quest’anno, è una persona importante che ha fatto parte del mio viaggio di vita chiamato Australia e che per nessuna ragione potrò mai dimenticare.
Ho avuto così modo di confermare le idee che mi ero fatta in tutti questi mesi sugli australiani. Sono stata ospite di Alex e di sua zia Ming, sono stata ospite anche di loro amici e vivendo nelle loro case non mi sono mai sentita una straniera, ma, al contrario, mi sentivo perfettamente a mio agio, come a casa, mi hanno sempre trattato come una di loro. Ospitalità, gentilezza e cordialità sono caratteristiche innate per questo popolo. (hanno anche numerosi difetti, non pensate! Ma non è questa la sede, magari in un altro post).
Le ultime due settimane in Down Under trascorrono a Sydney, dove si chiude il cerchio. Adoro questa città, forse un po’ caotica e turistica, ma piena di magica atmosfera che mi cattura e mi fa stare ore seduta a guardare l’Opera House, senza avvertire la sensazione di sprecare o perdere tempo. Mi inebrio di felicità, se non fosse per il pensiero che i giorni trascorrono in fretta e si avvicina il fatidico 10 novembre.
E così mi ritrovo all’aeroporto, con le lacrime che non smettono di scendere dalle mie guancie e con una sensazione di egoismo che mi pervade… Dovrei essere felice all’idea di andare a casa, rivedere la mia famiglia e i miei amici, e invece non è proprio così… Forse lo è in parte, ma mi ritrovo a piangere ininterrottamente e con un’infinita tristezza nel mio spirito, con l’altra parte di me che non vuole salire su quel maledetto aereo. Ecco come mi sento, un susseguirsi di strane emozioni e sensazioni che mi sta facendo impazzire. Non potrò mai dimenticare nemmeno un giorno di questo anno. Un ultimo saluto a Sydney e all’Opera House dall’aereo che mi sta portando via, ma con una promessa nel mio cuore: “Ci rivedremo presto!”


Un anno in Australia, lontani dalla routine e da tutto ciò che hai costruito in una vita. Un anno ricco di emozioni, di ricordi indelebili e di sorrisi sinceri. L’anno più vissuto della mia vita. Un anno che mi ha regalato una nuova Laura, che forse mi ha fatto conoscere la vera Laura.

Una Laura che ha avuto sempre un po’ paura e che ora si sente la più coraggiosa del mondo.
Una Laura che non ha mai avuto grande stima di se stessa e che ora è molto più sicura e consapevole delle sue qualità.
Una Laura che una volta si lamentava spesso e che ora ha capito che non serve niente per essere felici, solamente la voglia di vivere con un sorriso sulle labbra.
Una Laura che non conosceva il concetto di multiculturalità e che ora non vede alcuna differenza tra le persone.
Una Laura un tempo un po’ timorosa e che ora ha sete di nuove sfide.
Una Laura che prima equiparava la parola vivere con la parola esistere e che ora ha capito la netta distinzione tra le due cose.
Una Laura che non era così sicura del detto “volere è potere” e che ora sa che basta desiderare veramente e profondamente qualcosa per ottenerlo.
Una Laura che vedeva nella diversità linguistica e culturale una grossa barriera nella comunicazione interpersonale e che ora ha capito che è solamente l’ignoranza a farci credere certe cose.
Una Laura che non aveva appreso appieno il dono della vita e che ora si sente la più fortunata del mondo.

Credo che potrei continuare per ore. Ogni giorno una nuova scoperta ed è per questo che la sete di viaggiare e di conoscere è viva dentro di me, e non credo di poterla soffocare proprio ora che ho scoperto cos’è.
Grazie Australia, grazie per avermi fatto fermare e riflettere, grazie per avermi istruita alla vera voglia di vivere e per avermi insegnato cose che non ho e non avrei mai potuto imparare vivendo come una macchina nella società di oggi. Grazie per avermi fatto capire che la felicità è dentro ognuno di noi, e basta veramente poco per accorgersene. Farò tesoro di tutto quello che mi hai insegnato, portandolo nel mio cuore per tutto il resto della mia vita.

mercoledì 28 ottobre 2009

DEEP WATER POINT: THE TEARS OF THE MOON LIVE HERE.

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Non conosco assolutamente niente nel campo delle perle, non ho mai lavorato su una barca, non so se soffro il mal di mare oppure no, non so nemmeno in che cosa consiste in pratica il lavoro, solamente che è duro e faticoso e che non è proprio adatto alle ragazze, ma mi conosco… e adoro le sfide, soprattutto da quando sono qua in Australia! Forse proprio tutte queste cose messe insieme fanno crescere dentro di me una sfrenata curiosità e un avventuroso spirito di sfida… Ho deciso: voglio lavorare in una pearl farm!
Grazie all’aiuto dello chef del ristorante dove lavoro mi reco in tre uffici di tre differenti farm chiedendo se per caso hanno bisogno di manodopera. Forse il mio aspetto femminile, la mia altezza, il fatto che sono magra, non giocano troppo a mio favore… Ma il mio entusiasmo, quello invece si! Ricevo una mezza speranza da parte di una farm, devo richiamarli domani per avere una risposta certa o per si o per no. Fingers crossed!
Sono un po’ nervosa, speriamo che anche questa volta mi vada bene! Chiamo l’ufficio e la segretaria mi dice che ho ottenuto il lavoro e che ha già pronto il contratto da firmare… Wow! Non potevo desiderare altro! Solo un piccolo dettaglio: devo partire domani!!! What?! E così, dall’oggi al domani, o meglio ancora, dalla sera alla mattina, lascio i due lavori in città (un po’ a malincuore) e impacchetto tutta la mia roba al caravan park! Domani si parte per una nuova avventura!
Il posto dove ha sede la farm si chiama Deep Water Point e si trova a circa due ore e mezza da Broome. La strada non è asfaltata, al contrario è parecchio dissestata e la sabbia rossa solleva un grosso polverone dietro la 4WD che mi sta portando verso una nuova e indimenticabile esperienza. Durante il viaggio conosco alcuni ragazzi che lavorano lì da tempo, mi parlano un po’ del lavoro ed in effetti un po’ di preoccupazione inizia a salire… Ma in ogni caso sono tutti molto simpatici e cordiali, l’ambiente sembra familiare e fortunatamente mi sento subito a mio agio.
Siamo quasi arrivati a destinazione: mi giro a destra e vedo l’oceano, mi giro a sinistra e vedo l’oceano… Non sono ubriaca, giuro! Deep Water Point è situato su di una sottilissima lingua di terra dove si trova solamente la farm e niente più… La natura ha semplicemente creato un altro magico pezzo di paradiso. Rimango semplicemente stupefatta dalla bellezza di questo posto, davanti alla mia camera ho una spiaggia bianca sulla quale vivono due alberi di frangipani e un oceano Indiano di un colore limpidissimo. Cosa posso desiderare di più? Avevo proprio bisogno di questa pace e di questo contatto con la natura dopo due mesi di intense relazioni interpersonali. Io e la natura, io e me stessa.
Mi vengono date le prime dritte: la sveglia suonerà tutte le mattine per 10 giorni alle 5am, si inizia a lavorare alle 6am e si finisce alle 4pm. Cena alle 6pm. Dopo 10 giorni lavorativi si ritorna a Broome per 4 giorni off. Solitamente si lavora in tre sulla barca: una persona pulisce la corda dove sono legati i pannelli, dopodiché la stessa estrae il pannello dall’acqua e lo infila nella “cleaning machine”, le altre due persone devono pulire le conchiglie dalle “parti extra” che si formano sulla superficie della conchiglia e che sono dannose per la sua salute e quindi per la formazione della perla. Tutto mi suona abbastanza astratto e complicato, ma avrò presto modo di vedere con i miei occhi come funziona il tutto!
In effetti il lavoro si rivela abbastanza pesante, ovviamente non sono abituata e i primi giorni sono tremendamente faticosi. La mia schiena è dolorante (i pannelli sono abbastanza pesanti da sollevare), il mio corpo è umido e odora di pesce dieci ore al giorno, le mie dita sono gonfie e indolenzite. Ma ciò nonostante sono contenta, sono estremamente contenta, il lavoro mi piace e mi elettrizza, ogni giorno imparo cose nuove sulle perle, imparo nuovi tipi di nodi, imparo a gettare l’ancora e tutte le altre attività che caratterizzano il lavoro in barca. Il mio entusiasmo è alle stelle. Mi sento come un bambino in un parco giochi. E tutto ciò che mi circonda ripaga appieno la fatica del lavoro: mi guardo intorno e vedo delfini, tartarughe giganti, i più svariati tipi di pesce, a volte anche squali (ma non dite a mia mamma che ho fatto il bagno in pausa pranzo qualche volta!), spiagge paradisiache che sembrano troppo finte per essere vere e l’infinità dell’oceano che mi fa sentire libera come non mi ero mai sentita prima, capace di fare tutto quello che voglio. Sentire l’aria fresca sulla mia faccia e gli spruzzi d’acqua salata, passare la lingua sulle mie labbra e assaporare il gusto del mare, sentire il sole caldo sulla mia pelle, avere in pugno la mia vita e ringraziare Dio per essere così fortunata. Ecco cosa provavo tutti i santi giorni mentre ero sulla barca, un senso di gratitudine mai avvertito prima, un senso di libertà mai assaporato prima. E capire che volere è potere, e non c’è niente che possa fermare la mia instancabile voglia di vivere.
Le giornate trascorrono in un lampo. Ho anche avuto la fortuna di assistere alla “raccolta” delle perle. Solamente una volta all’anno alcune conchiglie vengono aperte per estrarre la perla in essa contenuta. Un’esperienza semplicemente indimenticabile, una delle esperienze più intense della mia vita.
E poi lui, Alex, un ragazzo dagli occhioni immensi e pieni di amore, un ragazzo forte ma forse troppo fragile e sensibile nel suo cuore, un ragazzo con un’adorabile innocenza ventenne, un ragazzo con i sogni di un ventenne, un ragazzo che più di ogni altra persona qua in Australia mi ha fatto capire che non esistono confini all’amore, non esiste differenza di lingua, non esiste distanza kilometrica, non esistono barriere quando si ama. Grazie Alex per avermi fatto capire tutto questo e per avermi dato quell’abbraccio, quel bacio, quel sorriso, quello sguardo che non mi ha mai fatto sentire sola e che mi faceva sentire la donna più felice del mondo. Era tutto così perfetto. E perdonami, cerca di perdonare la mia razionalità, e cerca di perdonare il mio comportamento e il fatto di non aver capito che ormai era troppo tardi, che ormai il tuo cuore era pieno di amore per me e purtroppo non potevo ricambiare appieno i tuoi sentimenti. Perdonami. L’ultima cosa che volevo era spezzare i tuoi sogni e le tue aspettative, l’ultima cosa che volevo era ferirti e vederti piangere… I sensi di colpa si dilagano in me mentre scrivo e le lacrime non smettono di scendere dai miei occhi. E’ stata una delle scelte più difficili della mia vita e forse non ho mai odiato così tanto me stessa per aver fatto soffrire così qualcuno. Resterai per sempre nel mio cuore come uno dei ricordi più belli e più dolci nella mia esperienza di vita chiamata Australia.
Dopo poco più di due mesi trascorsi in paradiso, decido di lasciare il lavoro. Una decisione davvero sofferta, amo il lavoro, amo questo posto, ma in ogni caso tra meno di due mesi tornerò a casa e vorrei viaggiare ancora un po’ prima di lasciare questa magica terra. Decido così di prenotare un tour per il parco nazionale del Kimberley. Non vedo l’ora si partire!!

BROOME TIME

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La mia previsione iniziale di fermarmi due mesetti a Broome si moltiplica esattamente del doppio: i mesi da due diventeranno poco più di quattro, credo i più belli e intensi di tutto il capitolo “Australia”. Ma andiamo con ordine.
La prima impressione della cittadina si rivela assolutamente positiva: il centro è piccolino, solo due vie principali, e anche se non capiamo il motivo, io e mia sorella non riusciamo assolutamente ad orientarci! E’ l’inizio della cosiddetta Dry Season (la stagione asciutta, la traduzione italiana è davvero penosa!) ed è esattamente il momento giusto per trovare lavoro poiché i turisti arriveranno sempre più numerosi di giorno in giorno.
Un primo tramonto indimenticabile a Cable Beach, la spiaggia più incantevole che abbia mai visto in Australia. E’ semplicemente enorme e la baia che ne fa da protagonista cattura il mio sguardo facendomi pensare “Si, credo proprio che mi fermerò per un po’ in questo paradiso!”.
Ci sistemiamo in ostello e il giorno dopo inizia la solita prassi: 10 copie di curriculum e via di ristorante in ristorante a cercare lavoro! Anche questa volta la fortuna australiana mi accompagna: riesco ad ottenere due prove in due differenti esercizi, la prima in un caffè e la seconda in un ristorante.
Entrambe vanno a buon fine e riesco ad ottenere tutte e due i lavori. Lavorerò tutte le mattine al caffè e tre-quattro sere a settimana al ristorante. Non male per le mie tasche!
Intanto mia sorella trova un passaggio per Darwin con un ragazzo tedesco; il saluto non è dei più tristi… Forse qualcosa dentro di me mi dice che presto ci rivedremo, ed in effetti sarà proprio così!
In ostello conosco Dan, un ragazzo australiano un po’ fuori di testa (come tutti gli australiani d’altra parte) ma simpatico e socievole. Decido di accettare la sua proposta… Cosa avete capito?!? L’idea è quella di spostarsi al caravan park insieme per risparmiare un po’ di soldi, lui ha una tenda abbastanza grande anche per me, con tanto di sacco a pelo e di swag… Senza pensarci troppo decido di accettare: la tenda sarà il mio tetto per i prossimi due mesi! Credo che la cosa che caratterizza maggiormente il popolo australiano è la generosità, per fortuna non sempre c’è un secondo fine in tutto.
Le giornate trascorrono velocemente, lavoro parecchio e la vita al caravan park è davvero accesa. Conosco un sacco di gente: parecchi ragazzi italiani, tra cui Gigi e Alberto con i quali lego maggiormente, Tom, un estroso parrucchiere londinese che mi regalerà tantissime risate, Adam, un ragazzo australiano che si diverte a parlare giapponese e italiano fumando bong dal mattino alla sera, e un irritabile vecchietto che ogni volta che mi vede mi chiede esattamente le stesse identiche cose (ma fa parte della commedia anche lui!). Si crea una sorta di famiglia che mi fa sentire perfettamente a mio agio, come se fossi a casa, anche se ogni tanto devo ammettere che desidererei un po’ più di pace, soprattutto durante la notte!
Lavorando al ristorante, conosco Anna e Mario, un’adorabile coppia italiana che ricorderò sempre come i miei “Broome Parents”. Si crea un forte legame tra di noi, credo che i rapporti che nascono mentre si viaggia siano sicuramente tra i più duraturi: si condivide qualcosa in comune, l’esperienza profonda del viaggiare (o meglio in questo caso del vagabondare) e si ha l’impressione di conoscersi da sempre. E un sorriso, un abbraccio, una cena, ogni gesto più banale, vengono donati senza chiedere nulla in cambio, solamente con l’intenzione di rendere indimenticabile quel momento, di rendere indimenticabile il tuo viaggio. Questo è esattamente quello che mi è successo con Anna e Mario, grazie per aver lasciato il segno nel mio primo viaggio di vita.
Dopo poche settimane una splendida notizia: mia sorella ha prenotato un volo per tornare a Broome! Credo proprio che gli manco troppo…! Eh eh! In casa mia e di Dan sicuramente c’è posto anche per lei!
Trascorrono così due mesi: lavoro in settimana, domeniche trascorse a rilassarsi in Cable Beach, serate divertenti al caravan park, ogni tanto qualche uscita in town. C’è qualcosa di magico in questa cittadina che rapisce il mio cuore: forse il tempo trascorso con mia sorella, forse il clima adorabile e la splendida spiaggia, forse il cosiddetto “Broome Time”… Dovete sapere che tutte le persone che vivono qua vengono coinvolte in una sorta di tempo che mi piace chiamare “non tempo”… Relax e tranquillità sono all’ordine del giorno, la fretta non esiste, devi pensare solamente a essere felice e a non prendertela per niente… Alla domanda “What time is it?” la risposta è semplicemente “It’s Broome Time, mate!”. Se non riesci a rilassarti qua devi avere qualche serio problema!!!!
Dopo quasi due mesi arriva il momento di salutare mia sorella, dopo quasi 15 mesi presto rientrerà in Italia. Questa volta un senso di tristezza si dilaga dentro di me… Ho passato l’ultimo mese interamente con lei, 30 giorni, 24 ore su 24, con la persona che più adoro nella mia vita, un mese indimenticabile che aimè è passato troppo in fretta. In ogni caso c’è anche la voglia di proseguire da sola, la voglia di libertà che presto troverà sfogo nel migliore dei modi.
Credo sia tempo di cambiare qualcosa, la routine inizia a impossessarsi del mio tempo prezioso, devo trovare un nuovo spunto, un qualcosa che faccia ravvivare un po’ le mie giornate. In ogni caso non mi va di lasciare Broome, adoro questo posto, mi sento di appartenergli, per tutti i motivi che ho appena descritto. Decido così di tentare un nuovo jolly: Broome è famosa soprattutto per le perle, ci sono numerose pearl farms qua nei dintorni… La cosa mi intriga e mi incuriosisce parecchio… Perchè non provare a cercare lavoro in questo campo?

WESTERN AUSTRALIA: LA LIBERTA’ DEL VIAGGIARE

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Conclusosi il tour nell’Outback, io e mia sorella voliamo da Alice Springs a Perth, dove ci aspettano Antoine e Tada, due ragazzi francesi che avevo conosciuto quando lavoravo in farm a Mildura. Il programma è quello di viaggiare insieme con il loro van lungo la West Coast, è sicuramente la soluzione più economica e allo stesso tempo anche la più avventurosa!
13 giorni di viaggio da Perth a Broome: un senso di libertà mai provato trascorre davanti ai miei occhi che guardano fuori dal finestrino. La libertà di poter andare dove ti pare, di vedere i posti che più ti attraggono, di svegliarsi quando la luce si concentra troppo a lungo sui tuoi occhi, di mangiare in qualsiasi posto a qualsiasi ora anche seduti per terra, una sensazione di indipendenza e di padronanza che mi fa sentire capace di affrontare tutto con più leggerezza, con uno spirito di vita che si è svegliato all’improvviso dentro di me. Tutto ciò ha caratterizzato il mio viaggio interiore lungo la West Coast, e la cosa più stupefacente è che non potevo immaginare che il meglio doveva ancora arrivare (vedi “capitolo Broome”).
I posti visitati sono numerosissimi: parchi nazionali, spiagge bianchissime e selvagge, un oceano che cambia colore ovunque si direziona il mio sguardo, canguri che accompagnano costantemente i km percorsi, albe e tramonti sempre con lo stesso protagonista ma ogni volta con uno scenario differente, sempre esilarante.
Anche la compagnia non è stata poi così male, anche se dopo 13 giorni di accento francese le mie orecchie e quelle di mia sorella iniziano a ribellarsi e a tapparsi automaticamente ad ogni “I sink!” (l’equivalente di “I think” per i francesi).
L’idea ora, per quanto mi riguarda, è quella di fermarmi a Broome, cercare nuovamente un lavoro magari per un paio di mesi (le mie tasche iniziano a piangere nuovamente) per poi ripartire alla ricerca di nuove emozioni da collezionare. Mia sorella si fermerà con me a Broome per qualche giorno ma successivamente proseguirà il suo viaggio verso Darwin.

THE AUSTRALIAN HEART

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Dopo il duro lavoro in farm a Mildura, tornai a Melbourne dove ad aspettarmi c’era la mia unica certezza, mia sorella. Insieme prenotammo un tour per il cuore australiano, il Red Centre. Fortunatamente durante il tour scrissi le mie trepidazioni, che riporto di seguito con immenso piacere.


24_04_2009
AGORICHINA: un posto dimenticato in mezzo al nulla dove l'acqua calda è disponibile fino alle 7 pm e la luce è sveglia fino alle 11 pm... Ecco dove ho dormito stanotte.
Siamo partiti ieri mattina con un tour organizzato: destinazione "Red Centre". Un gruppo di dieci ragazzi con una passione in comune: la curiosità di esplorare nuovi orizzonti. Il nostro driver, nonchè guida, si dimostra simpatico, ben organizzato e conoscitore di tutto ciò che lo circonda; si chiama Trevor ed è un “original aussi”... capire la sua lingua è ancora un po' difficile, ma con me viaggia anche il mio traduttore simultaneo: my sister! Non può esserci compagnia migliore quando sono con lei... Certo, se gli altri ragazzi fossero un po' più pieni di vita sarebbe meglio, ma in ogni caso sarà sicuramente una settimana memorabile!
Trascorriamo il primo giorno quasi interamente viaggiando, credo che 600-700 kilometri siano trascorsi sotto i nostri piedi, o meglio, sotto le quattro ruote del nostro bus. Un paesaggio che mozza il fiato: il nulla più totale costeggiato dalle Flinders Ranges, una catena "montuosa" (o forse "collinosa") che si espande nel deserto per 400 kilometri. E' incredibile come il paesaggio cambi in continuazione: terra rossa bruciata dal sole, improvvisamente migliaia di alberi sempreverdi e un attimo dopo il vero bush australiano. Si incontra una macchina ogni mezz'ora lungo questa strada infinita che sembra tagliare esattamente a metà il deserto.
Canguri, pecore, mucche, emu e aquile sono la pennellata finale nel quadro dipinto dal pittore perfetto per eccellenza, la natura.
Ci fermiamo per una breve camminata che ci porta a visitare un sito aborigeno con una vista spettacolare sul deserto più infinito che la mia mente poteva immaginare finora. Trevor ci racconta alcuni spezzati della cultura aborigena: regole severissime che, se violate, possono portare alla morte, riti di iniziazione che fanno venire i brividi; esseri umani come noi, con una vita come la nostra, ma che sono vincolati nelle loro scelte da una cultura che si tramanda da millenni, regole che non hanno stabilito loro ma che devono rigorosamente osservare per poter continuare a vivere. Semplicemente inconcepibile per le nostre menti.
Lunch time in un paesino di poche case, alcuni negozi di prima necessità, una pompa di benzina e un ospedale: è semplicemente surreale come possa esistere vita dopo centinaia di kilometri in mezzo al nulla!
Altre tre ore di strada sterrata e arriviamo ad Angorichina, dove ci fermiamo per la notte. Un ottimo BBQ per conciliare il sonno: domani ci aspetteranno altri 700 kilometri di avventura!

25_04_2009
Guardo fuori dal finestrino: terra bruciata dal sole, pochi arbusti che sopravvivono nonostante il clima torrido e un cielo infinitamente immenso. Un paesaggio praticamente sempre uguale ma che non mi stanco mai di guardare. Il secondo giorno trascorre quasi interamente in questo modo, percorrendo una strada sterrata che ci sta portando nel cuore di questa magnifica terra chiamata Australia.
Una breve sosta “in the middle of nowhere” dove vive un estroso figlio dell’outback. Lunga barba bianca, più di 60 anni di avventura alle spalle, un cane fidato come unico amico e una vita dedicata alle sue sculture in gesso e allo studio del significato delle lettere e delle parole: sicuramente non capita tutti i giorni di incontrare simili personaggi! Lunch time in Marree, l’ennesimo scorcio di vita in mezzo al nulla.
Nel pomeriggio abbiamo la fortuna di visitare una comunità aborigena. Una comunità aborigena che vive nel deserto, nelle condizioni climatiche più estreme, 300 persone che vivono in 25 case, 15 persone che dormono nella stessa stanza. Una scuola, un negozio di alimentari, un ufficio postale, una clinica medica. 300 persone e solamente 30 posti di lavoro. Pochi stracci sporchi che ricoprono la pelle nera, gli stessi, tutti i giorni e la pelle al posto della suola delle scarpe. Il minimo indispensabile per poter vivere, o meglio, sopravvivere. Questo è quanto i miei occhi vedono. Non so capire se questa gente possa essere felice così, con queste quattro righe che ho appena scritto, oppure no. Se ti chiedessero “scrivi in quattro righe cosa ti serve per essere felice o comunque per poter vivere in modo completo la tua vita”… Bè… Sfido chiunque nel riuscirci, anche me stessa. Ieri ne avrei scritte 100 forse, oggi credo me ne bastino molte meno grazie all’esperienza che sto vivendo, ma in ogni caso credo che quattro non basterebbero certamente. Per questa gente questa è la normalità, sono nati e cresciuti così e forse la loro felicità è qualcosa che noi non possiamo concepire. Ma un’ultima immagine fugace passando con il bus mi suggerisce che esiste qualcosa che ci accomuna: mamma e papà con le loro due piccole figlie, seduti per terra davanti casa loro, con due giocattoli tra le mani… Ecco, credo che questa felicità sia semplicemente universale.
Proseguiamo a ritmo di musica country e dopo altre 4-5 ore di viaggio arriviamo a William Creek, il paese (se così si può chiamare) del South Australia con il minor numero di abitanti, meno di 10 persone, pensate un po’! Ci sistemiamo nell’unico campeggio della metropoli: questa notte dormiremo direttamente sotto le stelle!
Prima di cena ci concediamo une birra e una partita a carambola nel pub più bizzarro che abbia mai visto: le pareti sono interamente ricoperte da bigliettini da visita, fotografie, documenti d’identità, biancheria intima, tesserini universitari, patenti (e chi più ne ha più ne metta!) tutti firmati e/o personalizzati dalle migliaia di fortunate anime che sono passate di qua.
Spaghetti surprise per cena: se non avete mai visto gli australiani cucinare la pasta… bè… beati voi! Ed evitate di farlo!! Solitamente buttano la pasta direttamente nell’acqua fredda e come se non bastasse spezzano più volte gli spaghetti… That’s a shame! In ogni caso come dice la mia mamma “quando si trova pronto è sempre tutto buono!”
Dormiamo direttamente per terra nei cosiddetti “swag”, una sottospecie di sacco a pelo ma con materassino incorporato… Non sembra poi così scomodo! Un cielo stellato come pochi ne ho visti nella mia vita e tanti pensieri che fanno da cornice: la mia famiglia, gli amici, i miei nonni che ogni giorni mi proteggono da lassù, il mio presente, il ringraziare non so chi per essere qua e per vivere ogni attimo così intensamente come non ho mai fatto prima d’ora, non avere bisogno di niente per essere felice e lasciare scendere due lacrime come segno di gratitudine… Non mi era mai capitato prima… Grazie Australia, grazie vita, grazie.

26_04_2009
Terzo giorno: destinazione Coober Pidy.
Dopo poche ore di viaggio arriviamo in questa cittadina che a confronto di quelle viste in precedenza sembra una metropoli! Un’altra curiosa differenza la caratterizza: case, pub, ristoranti e perfino la chiesa sono sottoterra. Si, avete capito bene! Per sopravvivere alle temperature estreme (il caldo estivo che supera i 50° di giorno e il freddo che scende sotto lo 0 di notte) la maggior parte della gente vive sottoterra, dove la temperatura è più o meno constante tutto l’anno (24° circa), sia di giorno che di notte. E questa notte anch’io proverò le brezza di dormire sottoterra… da viva!
Coober Pidy è famosa anche per essere la capitale australiana degli opali, ed infatti la cittadina è a tutti gli effetti un cantiere aperto.
La giornata trascorre velocemente: visita guidata al museo degli opali e successivamente ad un sito aborigeno poco lontano da Coober Pidy che regala alla mia vista un panorama mozzafiato. Una visuale sull’infinito caratterizzato da un complesso di promontori che la natura ha creato dopo centinaia di anni di lento e accurato lavoro.
Doccia bollente, pennichella e pizza party per concludere la giornata nel migliore dei modi. Domattina la sveglia suonerà alle 4.30 am… e potrò dire di aver dormito sottoterra nella mia vita terrena: soooo cool!

27_04_2009 e 28_04_2009
“It’s time to wake up. The time is 4.30!”. Suona la sveglia, il mio corpo mi suggerisce di girarmi dall’altra parte e continuare a dormire, ma la mia mente pensa “oggi finalmente potrò vedere l’Uluru!”… Ed ecco che magicamente sono già in piedi, pronta per ripartire nuovamente per un lungo, lungo viaggio: i km da percorrere oggi sono circa 800! Numerosi sono i break che ci concediamo, in tal modo la giornata passa relativamente in fretta. Tra un “game” e una “lesson” della nostra guida Trevor ecco che finalmente appare in lontananza l’attesissimo monolita… In effetti me lo ricordavo un po’ diverso… Per forza! Non è l’originale! Trevor ci ha teso un tranello dicendoci che quello davanti a noi era l’Uluru, ma in realtà era un altro monolita che gli assomiglia parecchio!
Finalmente poco prima del tramonto i miei occhi possono ammirare l’unico e originale simbolo dell’Australia. Rimango semplicemente con lo sguardo fisso, stupefatta. Il suo silenzio, il suo colore, la sua maestosità… Rimarrei ore e ore a guardarlo, ha qualcosa di magico che ti cattura lo sguardo e la mente e ti fa pensare, e pensare e pensare.
Doccia, cena e “bed time stories”. Buonanotte! Domani ci aspetta una luuuunga camminata.

La sveglia suona presto anche oggi. Mi alzo come sempre di buonissimo umore… Ci aspetta un imperdibile “sunrise” che colorerà l’Uluru di un rosso fuoco.
Come previsto lo spettacolo davanti ai miei occhi è a dir poco strepitoso: ogni minuto che passa i raggi del sole si fanno sempre più forti e si fanno spazio tra le nuvole che circondano l’Uluru con un magico silenzio. Il suo colore cambia in continuazione, e il suo aspetto imponente cattura la mia attenzione e il mio sguardo per lungo tempo.
Il programma della giornata prevede la camminata intorno alla base dell’Uluru di quasi 10 Km. Qualche avventuroso vorrebbe provare la scalata, ma per gli Aborigeni il monolita è assolutamente sacro e scalarlo vuol dire invadere i loro spazi, la loro religiosità. Credo sia giusto rispettare le loro regole, il loro territorio, la loro cultura, non posso credere come certe persone arrivino a pensare “chissenefrega” solamente per il fatto di essere orgogliosi della scalata e per il gusto di avere una fotografia da mostrare agli amici. Ignoranti, l’unica cosa che mi viene da dire. Riporto questa frase che credo riassuma al 100% ciò che voglio dire: “Il turista viene qua e riprende tutto con la sua macchina fotografica. Che cosa ottiene? Un’altra foto da portare a casa, magari di una parte di Uluru. Egli dovrebbe usare un’altra lente, capace di penetrare il soggetto delle sue istantanee. Allora egli non vedrebbe solo una grande roccia. Infatti riuscirebbe a scorgere lo spirito di Kuniya che ha continuato a vivere all’interno della roccia sin dal principio. A quel punto potrebbe persino buttar via la macchina fotografica”.
La camminata non è troppo faticosa, anche se il caldo è abbastanza opprimente.
Campaggiamo nell’area apposita, anche domattina ci aspetta un’altra lunga camminata tra le Olgas (Kata Tjuta), l’ennesimo luogo sacro per la cultura aborigena.


29_04_2009 e 30_04_2009
Gli ultimi due giorni di tour si rivelano semplicemente perfetti per la conclusione di questo fantastico tour.
Due lunghe camminate, il primo giorno tra le Olgas e il secondo nel King Canyon. I panorami sono come al solito mozzafiato: 36 cupole color rosso fuoco che profumano di storia aborigena e ripide e profonde pareti che caratterizzano il Canyon. Trevor con le sue precise conoscenze ci racconta altri spezzati sulla sacralità di questi posti per la cultura aborigena; gli aborigeni sembrano accettare i migliaia di turisti che visitano oggigiorno i loro luoghi, grazie anche alla collaborazione nata con il governo australiano. In ogni caso alcuni luoghi sono comunque “blindati” e non è permesso visitarli o scattare fotografie.
Ci dirigiamo stanchi ma soddisfatti verso Alice Springs, l’ultima tappa del nostro viaggio. Un cena tutti insieme per scambiarsi le solite e-mail e i soliti saluti di circostanza. Grazie Trevor e grazie Australia per aver arricchito la mia persona per l’ennesima volta.